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Alessia Filippi: la mia diversità è stata la mia forza

Da bambina mi sono sentita spesso fuori posto.
E non perché mi mancasse qualcosa, ma perché ne avevo “troppa”: ero troppo alta, troppo slanciata, troppo diversa dai miei coetanei.
Nella mia classe ero sempre quella che spiccava, ma non in senso positivo.
Alcuni compagni mi prendevano in giro, altri si limitavano a ridere.
Qualcuno mi ha chiamata “stampellona”.
Sembrava un gioco, ma a me non faceva ridere. Mi faceva male.

A quell’età, le parole possono diventare delle etichette che ti porti addosso come un peso.
Ogni volta che entravo in una stanza mi sentivo osservata, giudicata, fuori misura.
Ero solo una bambina, ma cominciavo già a dubitare di me stessa, a pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato nel mio corpo, nella mia presenza, in quello che ero.

Poi è arrivato il nuoto. E qualcosa dentro di me è cambiato.

In acqua nessuno mi diceva che ero “troppo” alta. Anzi, lì il mio corpo sembrava finalmente al posto giusto. Bracciata dopo bracciata, ho iniziato a sentirmi libera.
In piscina non c’erano giudizi, solo ritmo, respiro, fatica e conquista.
L’acqua mi ha accolta quando il mondo sembrava respingermi. È stato il mio rifugio, ma anche la mia scuola di vita.

All’inizio non pensavo a diventare una campionessa. Volevo solo stare bene, sentirmi me stessa. Ma poi è successo qualcosa: più nuotavo, più cresceva in me la voglia di dimostrare – prima a me stessa, poi agli altri – che quella “diversità” poteva essere un dono.

E così, con sacrificio e passione, ho iniziato a gareggiare. Ho vinto. Ho perso. Mi sono rialzata. Ho vinto di nuovo. E ancora, e ancora.

Il traguardo più emozionante? Forse l’argento alle Olimpiadi di Pechino 2008. O l’oro ai Mondiali di Roma 2009, davanti al mio pubblico, nella mia città. Ma il vero traguardo, quello più profondo, è stato un altro: aver imparato ad accettarmi.
Aver trasformato quello che mi faceva soffrire in ciò che mi rende unica.

Oggi guardo indietro e penso a quella bambina insicura, che cercava di farsi più piccola per non essere notata. E vorrei dirle che non deve cambiare per piacere agli altri. Che la sua forza è proprio in quella differenza che cercava di nascondere.

Lo dico anche a voi, che magari vi sentite esclusi, giudicati, troppo diversi: non credete a chi vi fa sentire sbagliati.
Cercate il vostro posto nel mondo.
C’è, ve lo assicuro. A volte è solo nascosto dove meno ve lo aspettate.

Io l’ho trovato in una corsia d’acqua. Voi potreste trovarlo in una pagina, in una squadra, in una passione. Ma c’è. Perché la verità è semplice: non serve essere come gli altri per valere. Serve solo essere fedeli a sé stessi. E avere il coraggio di crederci, anche quando nessun altro sembra farlo