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La tragedia di Paolo: prevenire è un dovere urgente

L’Italia intera è scossa dall’ennesima tragedia: Paolo Mendico, 14 anni, si è tolto la vita l’11 settembre, alla vigilia del rientro a scuola. Dietro questo gesto estremo, secondo la famiglia, ci sono anni di bullismo, silenzi e un disagio mai intercettato in tempo.

Paolo era un ragazzo pieno di passioni: amava la musica, la pesca con il padre, lo studio. Ma fin dalle elementari è stato preso di mira da compagni e, in alcuni casi, persino dagli adulti. Alle medie e poi al liceo, le umiliazioni sarebbero continuate, anche attraverso chat e social network. Una persecuzione quotidiana che lo ha isolato sempre di più.

Le indagini e le falle del Sistema

La tragedia di Paolo ha portato la Procura di Cassino ad aprire un’inchiesta per istigazione al suicidio, con il sequestro dei telefoni del ragazzo e di alcuni compagni per verificare episodi di cyberbullismo. Parallelamente, il Ministero dell’Istruzione ha inviato ispettori all’istituto Pacinotti di Fondi per valutare se le procedure previste dalla legge anti-bullismo siano state applicate in modo corretto.

Eppure, al di là delle verifiche giudiziarie, ciò che emerge con forza è un sistema incapace di leggere i segnali. Nonostante i progetti scolastici e le campagne di sensibilizzazione, il disagio di Paolo non è stato intercettato. La preside parla di assenza di denunce formali, mentre la famiglia mostra quaderni e chat che documentano anni di derisioni e violenze. Questa distanza tra istituzioni e vissuto reale è il sintomo più evidente di una falla strutturale: troppo spesso le scuole si affidano a procedure burocratiche e iniziative spot, senza riuscire a trasformarle in un’azione di protezione concreta e continua.

La vicenda dimostra che la legge, da sola, non basta se manca la capacità di osservare, ascoltare e agire tempestivamente. È proprio in queste crepe che il bullismo si radica e cresce, lasciando i ragazzi più fragili senza difese reali.

Il bullismo un problema radicato

Quella di Paolo non è una storia isolata. Secondo i dati più recenti, il 63% dei giovani italiani dichiara di aver subito episodi di bullismo e il 19% di cyberbullismo. Dopo il lockdown, i tentativi di suicidio tra minorenni sono aumentati fino al 75%.
Numeri che raccontano una realtà diffusa e radicata, che colpisce ragazzi e ragazze in ogni contesto sociale.

Luca Massaccesi, Presidente di ONBD ha commentato così: «La morte di Paolo è una grande sconfitta per tutti. È inutile che ci nascondiamo dietro i muri o le dita. Ognuno ha la propria responsabilità, ma la scuola deve essere più attenta, deve percepire il disagio dei nostri ragazzi e confrontarsi con le famiglie. Solo unendo studenti, genitori e insegnanti potremo mettere in campo difese e attività di prevenzione a favore dei giovani».

Come prevenire e aiutare

Il bullismo non si contrasta con progetti formali, ma con un impegno reale e quotidiano:

  • Parlare: rompere il silenzio, incoraggiare i ragazzi a confidarsi e denunciare.
  • Ascoltare: genitori e insegnanti devono prestare attenzione a segnali anche minimi di disagio.
  • Agire insieme: scuola, famiglie e istituzioni devono collaborare con strategie comuni e strumenti di prevenzione concreti.


L’Osservatorio Nazionale sul Bullismo e sul Disagio Giovanile lavora ogni giorno con scuole, studenti, famiglie e istituzioni per creare una rete di protezione.
Attraverso programmi di educazione, incontri formativi e attività di prevenzione, ONBD promuove una cultura basata sull’ascolto, sul rispetto e sulla responsabilità condivisa.

La tragedia di Paolo ci ricorda che non c’è più tempo da perdere: prevenire e sostenere i ragazzi è un dovere collettivo, che deve tradursi in azioni concrete e quotidiane.