Tavola rotonda in Senato
Ragazzi perduti: vuoto di valori e criminalità minorile. Comprendere per intervenire
L’evento, tenutosi venerdì 26 settembre presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini” (Piazza della Minerva 38, Roma), è stato estremamente importante. La tavola rotonda è stata realizzata in collaborazione con l’associazione no profit Donne al Centro e l’Osservatorio Nazionale sul Bullismo e sul disagio giovanile.
La criminalità minorile è un fenomeno in crescita che preoccupa istituzioni, famiglie e società civile. Con l’abbassamento dell’età di chi commette attività delittuose, questa è oggi un’emergenza che richiede risposte concrete e condivise.
Il malessere dei giovani e la criminalità minorile è una sfida che ci tocca tutti profondamente. Spesso, guardiamo questi ragazzi come numeri o come semplici ‘casi’, ma se scaviamo più a fondo, scopriamo un vuoto. Un vuoto di valori, di modelli, di affetti. Occorre analizzare il fenomeno nella sua complessità.
Il mio lavoro non consiste solo nell’analizzare i fatti, ma nel comprendere le motivazioni e le cause profonde dei comportamenti. Per fare questo è importante analizzare il contesto familiare, scolastico e sociale in cui un minore cresce.
Agire in termini di prevenzione è importantissimo. Non bisogna concentrarsi solo sulla punizione, ma sulla comprensione delle dinamiche psicologiche e sociali che spingono i giovani a compiere agiti devianti. E’ altrettanto importante intervenire precocemente prima che i comportamenti devianti diventino radicati. Il recupero poi è più difficile.
Questi ragazzi non nascono ‘cattivi’, ma attraverso una serie di esperienze e vissuti, pian piano si perdono. Perdono la loro strada in un mondo che non sembra offrire loro un posto. È un errore pensare che tutti gli agiti criminali siano la conseguenza di una malattia psichiatrica. Non è così. Comprendere questa perdita e intervenire prima che i comportamenti devianti si radichino è il nostro dovere primario.
Per farlo, è fondamentale evitare letture stereotipate del fenomeno e analizzare la violenza nella sua complessità.
Esistono sicuramente dei fattori di rischio individuali (tra i quali bassa autostima, scarsa empatia, abuso di sostanze, ecc.) familiari (carenze educative: mancanza di supervisione, conflitti frequenti, abuso o negligenza in famiglia possono contribuire a comportamenti criminali, assenza di punti di riferimento) socio-culturali e ambientali (instabilità, condizioni di povertà, disoccupazione e mancanza di mezzi economici possono aumentare la criminalità, ecc.).
Ma esistono anche dei fattori protettivi individuali (capacità di adattamento, avere prospettive future positive e la motivazione a perseguire obiettivi costruttivi protegge dal rischio di devianza), familiari (avere relazioni positive, avere legami forti con la famiglia e una rete di amici supportivi è un fattore protettivo fondamentale), socio-culturali e ambientali (condizione di stabilità e sicurezza economica riduce la spinta a commettere reati, accesso all’istruzione e a servizi sociali offre alternative positive al comportamento criminale).
Questi elementi ci confermano che per intervenire non basta la repressione, ma occorre indagare le motivazioni profonde e il vuoto di valori che spinge i nostri ‘ragazzi perduti’ sulla strada della devianza.
Non dobbiamo dimenticare che la criminalità minorile ha due facce: quella dei ragazzi che commettono reati e quella delle vittime.
Dobbiamo rompere il muro di silenzio che circonda le vittime e dare loro gli strumenti per chiedere aiuto. Allo stesso tempo, dobbiamo comprendere le ragioni che spingono un ragazzo a diventare aggressivo o bullo. Spesso, dietro l’aggressività c’è un profondo disagio, un’incapacità di gestire le emozioni e la frustrazione.
La criminalità minorile non è un semplice atto di ribellione, ma spesso la manifestazione di un profondo vuoto interiore. La mancanza di modelli di riferimento, l’assenza di un senso di appartenenza e l’isolamento possano spingere i ragazzi a cercare altrove, spesso in contesti devianti, quel riconoscimento che la società non offre loro. In una società che spesso glorifica il successo individuale e l’immagine esteriore, molti adolescenti si trovano a navigare un’esistenza priva di bussole morali, in cui la solitudine si traduce in un grido silenzioso. L’assenza di modelli di riferimento stabili e positivi, siano essi figure genitoriali, mentori o figure autorevoli, può innescare una crisi identitaria. Il ragazzo, non avendo figure da emulare o con cui confrontarsi, fatica a costruire una propria identità solida, diventando così vulnerabile all’influenza di dinamiche e gruppi devianti. Questo vuoto di significato può spingere il giovane verso contesti marginali, dove la criminalità offre un’alternativa distorta e immediata ai bisogni di riconoscimento e appartenenza.
L’obiettivo finale è restituire un futuro ai ragazzi, offrendo loro gli strumenti per costruire una vita che non li porti a riempire un vuoto con la criminalità. Lavoriamo insieme, non solo per giudicare, ma per comprendere e agire, per ricostruire la speranza dove oggi c’è solo un grido silenzioso.
Elisa Caponetti Psicoterapeuta, Psicologa Giuridica e Criminologa