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Cyberbullismo e hate speech: la violenza digitale che cresce in silenzio

Negli ultimi anni la violenza digitale è diventata un fenomeno strutturale della società connessa al web. Dalle chat scolastiche ai social network, fino ai forum e alle piattaforme di messaggistica, la rete è sempre più spesso teatro di aggressioni, umiliazioni e abusi. L’ultima infografica pubblicata da Unicusano il 25 settembre fotografa in modo netto questa realtà: un aumento costante dei comportamenti violenti online, accompagnato da un abbassamento dell’età delle vittime e da nuove forme di violenza di genere.

Nel 2019 il 18% degli studenti italiani dichiarava di aver subito episodi di cyberbullismo. Due anni dopo, nel pieno della pandemia, la quota era salita al 23%. Nel 2023 ha raggiunto il 29% e nel 2024 le segnalazioni alle linee di supporto – come Telefono Azzurro e Terre des Hommes – sono aumentate del 40%. Oggi quasi sette adolescenti su dieci tra gli 11 e i 19 anni affermano di aver vissuto almeno un episodio di violenza online, mentre uno su cinque lo subisce con frequenza regolare.

Dietro questi numeri si nasconde una molteplicità di forme di abuso. Il cyberbullismo rappresenta circa il 60% dei casi, caratterizzato da minacce, insulti e isolamento digitale. L’hate speech – l’incitamento all’odio – colpisce invece oltre un terzo dei giovani, soprattutto donne e persone appartenenti alla comunità LGBTQ+. In crescita anche i fenomeni che sfruttano l’intimità: nel 2024 si sono contate oltre duemila denunce per revenge porn, un aumento del 30% in un solo anno. I deepfake, immagini e video falsificati con l’intelligenza artificiale, sono saliti del 25%, confermando una tendenza pericolosa che riguarda in particolare le donne. In Europa una donna su cinque ha subito almeno una forma di violenza digitale basata su contenuti intimi.

Gli adolescenti restano la fascia più esposta. Tra gli 11 e i 13 anni, quasi uno su quattro dichiara di essere vittima con continuità. Nella fascia 14–19 anni il dato si attesta al 19,8%. Ma il problema non si ferma all’età scolare: anche tra gli adulti aumentano i casi di molestie digitali. Il 14% delle donne tra i 15 e i 70 anni ha ricevuto messaggi o proposte offensive online, e circa il 4% denuncia episodi legati all’ambiente di lavoro o di studio.

Le conseguenze psicologiche sono gravi e spesso durature. Quasi una vittima su due sviluppa disturbi d’ansia o depressione, mentre il 25% valuta l’abbandono scolastico. Oltre il 12% manifesta comportamenti autolesionistici, a conferma che la violenza online produce effetti concreti nella vita reale.

Recentemente un caso, terribilmente emblematico, ha mostrato la dimensione collettiva di questo fenomeno: il gruppo Facebook “Mia Moglie”, con oltre 30.000 iscritti, condivideva immagini intime di donne senza consenso, accompagnate da commenti sessisti e degradanti. La chiusura della community da parte di Meta non ha cancellato la gravità del gesto, ma ha riportato l’attenzione sulla normalizzazione sociale della violenza di genere online.

Le istituzioni stanno tentando di combattere questi fenomeni. Il Decreto Legislativo 99/2025 ha introdotto l’obbligo di identità digitale per l’accesso ai social network, nuove sanzioni fino a 10.000 euro e poteri rafforzati per l’AGCOM.

Ma repressione e assistenza, da sole, non bastano. La violenza digitale nasce da un terreno culturale fragile, dove gli abusi vengono minimizzati e il linguaggio d’odio trova spazio nella quotidianità. È qui che si inserisce il lavoro dell’Osservatorio Nazionale sul Bullismo e sul Disagio Giovanile (ONBD), che attraverso il Comitato Scientifico promuove percorsi educativi, campagne di sensibilizzazione e progetti come Accademia dei Campioni. Psicologi, avvocati, docenti e rappresentanti delle forze dell’ordine collaborano per diffondere una cultura del rispetto e della responsabilità digitale, portando formazione e strumenti concreti dentro le scuole e nei contesti sociali più esposti.

La sfida, oggi, è formare una nuova generazione capace di riconoscere e contrastare queste dinamiche. La conoscenza è la prima difesa. Serve educare alla cittadinanza digitale, all’empatia e all’uso consapevole della rete. Solo così sarà possibile invertire la rotta e restituire al web la sua funzione originaria: uno spazio libero, sicuro e realmente umano, dove la tecnologia torni a essere strumento di crescita, non di violenza.

Infografica su cyberbullismo e violenza digitale

Infografica a cura dell’Ufficio Marketing dell’Università Niccolò Cusano