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Social Networks vietati sotto i 16 anni: la decisione dell’Australia di fissare un limite minimo per l’accesso alle piattaforme digitali rappresenta un segnale politico chiaro e significativo. È il riconoscimento esplicito che l’utilizzo precoce e non mediato dei social network può incidere in modo profondo sul benessere emotivo e relazionale dei ragazzi.
 
L’ONBD accoglie questa scelta come un primo passo importante nella tutela dei minori, ma ritiene necessario chiarire che una norma, da sola, non è sufficiente ad affrontare il problema alla radice. I giovani non si rifugiano nei social per leggerezza o disinteresse verso la realtà, ma perché spesso trovano online ciò che manca nella vita quotidiana: ascolto, riconoscimento, senso di appartenenza.
 
Nel mondo digitale non è richiesto esporsi davvero, affrontare il confronto diretto o gestire emozioni complesse. È uno spazio percepito come più semplice e protetto, che diventa un rifugio quando la realtà appare difficile o quando la presenza adulta è fragile, intermittente o assente.
 
La vera emergenza del nostro tempo è la solitudine giovanile. Anche in Italia cresce il numero di ragazzi che si sentono invisibili, non compresi, privi di relazioni significative e di adulti capaci di ascoltare senza giudicare. È qui che si gioca la partita più importante.
 
Per questo è necessario un investimento educativo e culturale profondo: costruire insieme ai nostri figli una vita da condividere, creare spazi di dialogo autentico, restituire valore al tempo trascorso insieme. Educazione affettiva, qualità delle relazioni e presenza adulta consapevole devono accompagnare ogni scelta normativa che riguarda il digitale.
 
Il limite di età può essere un punto di partenza utile, ma la risposta più efficace resta educativa. Solo aiutando i ragazzi a sentirsi visti, ascoltati e sostenuti, i social network smetteranno di essere un rifugio emotivo e torneranno a essere ciò che dovrebbero essere: uno strumento, non un sostituto delle relazioni.