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Luigi Busà

Mi chiamo Luigi, sono nato ad Avola, in Sicilia, e da piccolo non ero certo il classico bambino che tutti si aspettavano di vedere salire su un podio olimpico.

Ero un po’ tondo, simpatico, mangione. A scuola i compagni mi chiamavano “arancino”. All’inizio sembrava una battuta, poi è diventata un’etichetta, una ferita nascosta che si apriva ogni giorno. Quel nomignolo mi faceva sentire sbagliato, come se la mia forma fisica fosse un ostacolo insormontabile.

Mi dicevano che ero troppo grasso per fare sport. Avevano torto.

Luigi Busà

Non volevo dimagrire per piacere agli altri. Volevo diventare forte. E così ho iniziato a seguire mio padre sul tatami. Il karate era nel DNA della mia famiglia, ma per me è stato molto più di uno sport: è diventato rifugio, disciplina, rinascita.

Ogni colpo ricevuto era un’occasione per migliorare. Ogni caduta, un’istruzione. Ho imparato presto che il rispetto, la concentrazione e la costanza valgono più di qualsiasi giudizio.

Il karate mi ha insegnato a resistere, a rialzarmi, a non mollare mai.

Luigi Busà

Col tempo, il fisico è cambiato. Ma la trasformazione più grande è stata mentale. Non cercavo più conferme negli occhi degli altri. Cercavo solo la mia strada. E la trovavo ogni giorno, tra sudore, allenamenti e sacrifici.

Le vittorie sono arrivate: Campione del Mondo, Campione Europeo… Ma non dimenticherò mai la chiamata per Tokyo 2020 (poi slittate al 2021). Il karate, per la prima volta, entrava tra le discipline olimpiche. E io ero lì. Il sogno di una vita si materializzava.

Quando sono salito su quel tatami olimpico, ho pensato a quel bambino preso in giro. E ho lottato anche per lui.

Luigi Busà

La finale è stata un concentrato di emozioni: forza, strategia, cuore. Alla fine ho vinto l’oro. L’ho alzato al cielo con le lacrime agli occhi. Non per rivalsa. Ma per gratitudine. Perché tutto quello che avevo vissuto, anche le prese in giro, mi aveva portato fin lì.

L’arancino oggi è campione olimpico. E con me sul podio c’era ogni ragazzo che non si è arreso.

Luigi Busà

Racconto la mia storia non per vantarmi, ma per essere utile. Perché so che là fuori c’è chi si sente escluso, fuori posto, giudicato per il corpo che ha o per il sogno che coltiva. A chi si sente così voglio dire: non credere mai a chi ti dice che non puoi. Sognare è un dovere. E lavorare per quel sogno è il primo passo per realizzarlo.

Il vero avversario non è quello davanti a te. È quello dentro di te.

Luigi Busà

Il coraggio non si allena in palestra, ma nella testa. E ogni passo che fai verso te stesso, è già una vittoria.

Quella voce interiore che ti sussurra che non sei abbastanza, devi imparare a metterla a tacere. Perché tu sei molto di più. E se ci credi davvero, un giorno scoprirai che anche una presa in giro può diventare il primo passo verso una medaglia d’oro.